Grasso localizzato

Ma di chi è la responsabilità di questa diversa distribuzione del tessuto adiposo? Ancora una volta i maggiori responsabili sono gli ormoni

 

Credo che chiunque di noi sia ingrassato e poi abbia provato a dimagrire, si sia reso conto che esistono delle zone di accumulo preferenziale dove il tessuto adiposo si sviluppa più facilmente e dopo fa anche più fatica ad andare via.

Ma forse non tutti sanno che queste zone non sono le stesse per tutte le persone: alcuni accumulano più facilmente a livello addominale, altri in zona glutei e cosce (queste sono senz’altro le zone più gettonate) e così via ogni persona ha le proprie localizzazioni tipiche. Ma di chi è la responsabilità di questa diversa distribuzione del tessuto adiposo? Ancora una volta i maggiori responsabili sono gli ormoni e l’evidenza dimostra che una morfologia Androgena (+ testosterone) è predisposta ad accumulare adipe a livello addominale ed una morfologia Ginoide (+ estrogeni) è più predisposta ad accumulare adipe nei glutei e nelle cosce.

Ma come fare per bruciare questi grassi, coinvolgendo i meccanismi ormonali? Bene, sappiamo che il GH (ormone della crescita) è un anabolizzante e un potente Lipolitico, la sua secrezione è massima in situazioni di ipoglicemia e durante il sonno notturno, quindi limitando o escludendo addirittura i carboidrati nel pasto serale, favoriremo la secrezione del GH (forse non il sonno) e avremo il desiderato effetto lipolitico. Semplice vero? Da qui nasce l’abitudine di alcuni bodybuilders di non consumare carboidrati dopo le ore 18 in una dieta pre-contest, nell’ottica di definirsi maggiormente. Ma nella realtà non è così semplice. Vi faccio un esempio.

Qualche anno fa ho fatto una vacanza con l’amico Giovanni Curtarelli, campione italiano e vincitore dei giochi del Mediterraneo e sinceramente ero rimasto stupefatto dalla sua dieta tramite la quale riusciva a mantenere un ottimo stato di definizione.

Colazione al mattino: 500g di yogurt magro e un po’ di melone.
Pranzo: un po’ di pollo o tacchino o addirittura solo un caffè con una fetta di ananas.
Pomeriggio: prima e dopo l’allenamento un frullato proteico.
Finalmente alla sera un pasto completo: 200g di pasta o riso, 300-400g di carne, 500/600g di patate lesse, un chilo di frutta.

Poi verso mezzanotte quasi sempre c’era la spaghettata (non so quanta pasta fosse perché la preparava lui, ma senz’altro molta).

Siccome il cuoco era lui, io più o meno seguivo il suo regime alimentare, così nel giro di 15 giorni io ero sensibilmente ingrassato e Giovanni era sempre più in forma. Si potrebbe obiettare che forse io avessi un metabolismo più basso rispetto a Giovanni, ma questo non direi in quanto la mia dieta OFF Season che mi permette di mantenere inalterata la mia percentuale di grasso corporeo è intorno alle 4.000 Kcal e se facevo un calcolo approssimativo delle calorie quotidiane assunte in quel periodo forse non ci arrivavo nonostante i mega pasti serali, in più c’era da tener conto che ci allenavamo due volte al giorno (P.S: la località della vacanza era Venice – California).

Doveva essere qualcosa che c’entrava con la suddivisione dei pasti, ma come mai Giovanni migliorava ed io peggioravo?

Come sempre le leggi della fisiologia non sono adattabili “tout cours” al singolo soggetto ma è necessaria un’analisi individuale per un approccio più mirato e specifico (la panca non è il migliore esercizio per i pettorali per tutti, l’heavy duty non è il miglior sistema di allenamento per tutti, 2 grammi di proteine per chilo corporeo non è il quantitativo ideale per tutti e così via gli esempi si potrebbero poi seguire all’infinito).

Bisogna approfondire quindi questo problema, come mai le caratteristiche qualitative della dieta giornaliera, dei pasti, possono influenzare il peso corporeo anche direttamente, attraverso meccanismi indipendenti dall’apporto calorico globale e quindi delle determinanti dietetiche quantitative. Bisogna studiare. Già dalla metà degli anni Settanta alcuni studiosi di cronobiologia dell’alimentazione avevano evidenziato come a parità di apporto calorico, il calo ponderale fosse differente in relazione al diverso orario di assunzione degli alimenti. H. Jacobs e colleghi, in un lavoro apparso su “Cronobiologia” nel 1975, descrivevano gli effetti che una dieta costituita da un unico pasto giornaliero normocalorico di 2.000 calorie esercitava sul peso in soggetti normali: in caso di assunzione mattutina degli alimenti si osservava un calo ponderale, mentre non si avevano effetti sul peso se la somministrazione dello stesso pasto avveniva la sera. Nel 1981 Caviezel e colleghi in “Obesità: Pathogenesis and Treatment”, evidenziano che nei soggetti obesi, la somministrazione serale di un monopasto giornaliero di 600 chilocalorie realizzava un calo ponderale più evidente rispetto a quello ottenibile con una assunzione mattutina degli stessi alimenti, e nella relazione “Effect of different timing of meals in the dietary treatment of obesity” tenuta al Simposio internazionale di Diabetologia svoltosi a Bologna nello stesso anno, sempre Caviezel descriveva come, in soggetti con sovrappeso eccedente il 70% del peso ideale, a un monopasto serale da 600 calorie facesse seguito un calo ponderale notevole, sovrapponibile a quello ottenibile con diete molto più severe (350 calorie, badate bene si tratta di pazienti tenuti a letto e sotto stretto controllo medico) e comunque nettamente superiore a quello osservabile in caso di ripartizione della stessa quota calorica di 600 chilocalorie in tre pasti giornalieri.

Importante sarebbe anche verificare se, a parità di calorie, avesse rilevanza la composizione qualitativa dei pasti oltre all’orario della loro assunzione.

Risultando le varie esperienze globalmente significative in questo senso, bisogna cercare di comprendere il perché di quanto osservato.

Dal momento che i regimi alimentari confrontati non differivano dall’apporto calorico, è da ritenere che la soluzione del problema sia nel diverso destino metabolico cui i vari cibi ingeriti vanno incontro in conseguenza della composizione qualitativa in nutrienti della dieta.

Le recenti scoperte riguardo i rapporti tra alimentazione e sistema nervoso centrale ed endocrino e le sempre più precise conoscenze sulla regolazione neuro-ormonale del metabolismo, consentono un’interpretazione articolata dei meccanismi attraverso i quali distribuzione e composizione dei pasti influenzano il peso e la localizzazione del grasso in determinate zone, a seconda della condizione ormonale soggettiva.

Cioè spieghiamo meglio: le informazioni relative all’ambiente interno riguardano anche lo stato nutrizionale, questo parametro fondamentale per l’omeostasi (per es. glicemia) influenza risposte nervose ed ormonali adeguate alle situazioni metaboliche del momento. Ciò può ottenersi in quanto l’alimentazione, imprescindibile presupposto dello stato nutrizionale, il sistema nervoso ed il sistema endocrino si influenzano rispettivamente, causando da un lato la scelta di determinati alimenti finalizzata all’omeostasi, dall’altro regolando lo svolgimento delle reazioni metaboliche attraverso il controllo degli enzimi (per es. enzimi gli colitici).

Ma vediamo alcune di queste correlazioni neuro – endocrino – metabolico – alimentare.

Secondo il modello neuro-chimico, il cervello è in grado di dirigere il comportamento alimentare sia quantitativo che qualitativo operando una selezione dei nutrienti, scegliendo quelli che più opportunamente sono in grado di soddisfare i segnali metabolici dell’organismo. Cioè il centro influenza la periferia ma ne viene a sua volta influenzato dalla composizione quali-quantitativa della dieta.

Esempio

I sistemi adrenergici esercitano una duplice azione sul controllo dell’assunzione del cibo:

1) un’azione di stimolo della fame, esercitata da recettori adrenergici ipotalamici 2) un’azione inibitoria sulla fame attraverso lo stimolo di recettori B2 adrenergici (efedrina, clenbuterolo, sono B2 agonisti) ipotalamici.

L’ipotalamo è appunto la zona del sistema nervoso centrale deputata al controllo alimentare. La noradrenalina indirizza le scelte alimentari verso il consumo di carboidrati. La sperimentazione ha dimostrato che la serotonina (5-idrossitriptofano) determina una inibizione del consumo del cibo e antagonizza la risposta alimentare indotta dalla noradrenalina.

La serotonina, oltre a modificazioni quantitative nell’assunzione del cibo, determina un consumo orientato verso le proteine. Da qui l’uso razionale di determinati farmaci serotoninergici (dexfendfluramina) i quali diminuiscono la quantità globale ingerita a scapito dei carboidrati, mentre pressoché immodificato resta il consumo di proteine.

Pasti ad elevato tenore proteico sono seguiti da una elevazione della concentrazione ematica di aminoacidi neutri, fra cui la tirosina e la fenilalanina, le quali attraversano la barriera ematoencefalica dando luogo alla sintesi di quei neurotrasmettitori di cui sono precursori (dopamina e noradrenalina). Pasti ricchi di carboidrati determinano, al contrario, il passaggio attraverso la barriera ematoencefalica del triptofano (aminoacido neutro a partire dal quale, per successive reazioni enzimatiche, gruppi di neuroni sintetizzano la serotonina). Il livello di serotonina, a sua volta, rientra in un meccanismo di retroazione che influenza la quantità di carboidrati ingerita, diminuendola.

Esempi di circuiti che illustrano come la composizione qualitativa della dieta influenzi le successive scelte alimentari. Si noti come all’assunzione di carboidrati e proteine faccia rispettivamente seguito un aumento della concentrazione di 5HT e di NA (frecce beige) e
come questi neurotrasmettitori inibiscano (freccia azzurra) il consumo degli stessi
alimenti che ne favoriscono la sintesi.   

ALIMENTAZIONE E ORMONI

D’altro canto la composizione quali-quantitativa della dieta influenza anche la produzione ormonale. I problemi endocrino – ginecologici (cicli anovoulatori, amenorrea) che spesso si associano ad alcune condotte dietetiche fortemente restrittive (diete ipocaloriche) o caratterizzate da un apporto calorico normale ma scarso in proteine (diete vegetariane), sono una netta evidenza del legame tra alimentazione e sistema endocrino e in maniera specifica tra la dieta e asse ipotalamo-ipofisi gonadi.

Ai neuroni dell’ipotalamo che producono LHRH (che a sua volta stimola l’ipofisi a produrre LH che nella donna dà luogo all’ovulazione e nell’uomo stimola la produzione di testosterone a livello delle gonadi) arrivano imput stimolatori dalla noradrenalina e altri inibitori della serotonina.

L’insufficiente apporto di proteine che caratterizza i regimi dietetici prima citati, si traduce in una minore sintesi di noradrenalina cerebrale, con conseguente diminuzione della secrezione ritmica di LHRH. E’ probabile che la NA (noradrenalina) rappresenti più estesamente un traduttore biochimico della negatizzazione del bilancio azotato; questa ipotesi spiegherebbe l’inibizione della funzione riproduttiva che consegue anche a regimi alimentari patologici ma normoproteici. Possiamo anche dire che se facciamo un pasto prevalentemente carneo è più facile che abbiamo voglia di fare l’amore per una maggiore produzione di noradrenalina e soprattutto dopamina; se invece mangiamo un dolce è più facile che abbiamo voglia di fare una bella dormita per la maggior produzione di serotonina (tenete conto di questo anche se  siete soliti consumare solo carboidrati prima dell’allenamento), potrebbe senz’altro non essere positivo, per la carica del vostro sistema adrenergico è senz’altro meglio associare degli aminoacidi ramificati, che competono a livello della barriera ematoencefalica col triptofano, diminuendone l’assorbimento e quindi la produzione di serotonina, che tende a dare una sensazione di eccessivo rilassamento.

Noto è che pasti proteici stimolano la produzione di GH (ormone anabolizzante e lipolitico), mentre pasti glucidici stimolano la produzione di insulina sempre anabolizzante ma lipogenetico.

ALIMENTAZIONE NEUROENDOCRINA E DISTRIBUZIONE DEL GRASSO

Oltre che la quantità di grasso accumulata, gli orientamenti nervoso-ormonale, determinano il tipo di distribuzione dell’eccesso di adipe. A questo proposito basti pensare all’azione svolta dagli ormoni sessuali che esercitano una azione permissiva nei confronti di altri eventi neuro-ormonali a carattere adipo-genetico; questa azione permissiva , esercitandosi su specifici recettori periferici realizza la distribuzione di adipe tipica dei due sessi. Addome nei maschi, cosce e glutei nelle donne. Analogamente la prolattina (la cui secrezione è fisiologicamente aumentata durante l’allattamento), determina una riduzione della lipoprotein-lipasi (enzima lipogenetico) nel grasso di deposito localizzato su cosce e glutei, grasso che durante il bombardamento ormonale di estrogeni nella gravidanza è ben cresciuto soprattutto se si sono mangiati dolci (l’insulina costruisce e gli estrogeni le indicano il posto) e determina altresì un aumento dei recettori per l’insulina nel grasso mammario, condizionando la distribuzione dell’adipe caratteristica dell’allattamento.

In questa situazione fisiologica infatti, a fronte di una aumentata richiesta di energetica, si assiste ad una utilizzazione delle riserve energetiche depositate durante la gravidanza su cosce e glutei, mentre sede privilegiata del deposito energetico sotto forma di grasso diventa il tessuto mammario, dove viene utilizzato direttamente per la produzione di latte.

Un altro esempio dell’influenza esercitata dagli ormoni sulla distribuzione del grasso corporeo è data dalla Sindrome di Cushing nella quale all’ipercortisolismo segue una distribuzione dell’adipe che interessa selettivamente il viso, il collo ed il tronco e risparmia gli arti.

Ma non è necessario portare un esempio di patologia, perché è stato dimostrato anche che il cortisolo, semplicemente rilasciato come conseguenza dello stress, può far sì che il grasso si depositi attorno alla vita.

Il cortisolo, prodotto dalle ghiandole surrenali, come risultato della famosa sindrome “attacca o scappa” fa sì che il grasso si depositi a livello addominale, dove si stabilizza velocemente, e poi può essere utilizzato come fonte di energia in caso di emergenza (abbondanza di recettori per la lipasi ormono – sensibile che è lipolitica). Ma se non attacchiamo e non scappiamo mai il nostro grasso continua ad accumularsi ad ogni stress sempre lì.

Lo studio ha coinvolto 42 donne con un diverso tipo di distribuzione del grasso: alcune ne avevano di più sui fianchi e sul sedere, altre sulla vita. E’ stato poi loro chiesto di svolgere sei attività stressanti nell’arco di un’ora. Analizzando la loro saliva si è visto che le donne con la vita più larga avevano prodotto più cortisolo. Quando sono state analizzate le loro personalità si è scoperto che queste ultime erano più sensibili allo stress: perdono il controllo più presto e si arrabbiano molto più facilmente.

(Bodybuilders ricordate questo: superallenamento  = stress = – muscolo + grasso).

C’è da aggiungere tra l’altro che le donne con obesità a livello addominale presentano un aumento dei livelli circolanti di testosterone libero.

MORFOTIPI E DIETA

Da questa premessa possiamo affermare che la disposizione di grasso sottocutaneo permette la suddivisione biomorfologica in due prevalenti categorie: la ginoide e l’androide.

I due modelli di sovrappeso differiscono oltre che per una netta distinzione morfologica, anche per un diverso orientamento dei sistemi neuroendocrini; nella forma ginoide è presente una regolazione dell’asse ipotalamo – vago – insulina, con rallentamento del metabolismo ossidativo dei grassi e la potremmo definire metabolicamente ipolipolitica (brucia poco i grassi), mentre nella forma androide la sregolazione riguarda l’asse ipotalamo – ipofisi – corticosurrene, con iperinsulinismo da adeguamento funzionale e metabolicamente la potremmo definire iperlipogenetica (che costruisce molti grassi).

Ma allora come comportarsi per quanto riguarda la dieta con questi due morfotipi? Ovviamente in maniera diversa, ma questo sarà argomento di un prossimo articolo anche perché mi sembra di essermi dilungato troppo. Ma aspettate un momento; non maleditemi! Qualcosa vedo di dirvelo subito: vi ricordate l’abitudine di mangiare i carboidrati al mattino e consumare solo proteine la sera? Beh, certo questo mi sembra un sistema valido soprattutto per gli ipolipolitici: così facendo si favorisce la secrezione del GH di notte e si stimola la lipolisi , ma per gli iperlipogenetici?

Non direi, questi individui tendono a mangiare molto e costruire molto grasso, ed avendo il cortisolo naturalmente alto, siccome il cortisolo ha un ritmo circadiano e raggiunge il massimo livello al mattino, rimanendo alto fino alle prime ore del pomeriggio, se assumono anche parecchi carboidrati al mattino (dato che già il cortisolo è iperglicemizzante) si troveranno con una glicemia altissima che stimola di conseguenza la secrezione di insulina con gli effetti lipogenetici conosciuti.

Tra l’altro l’individuo in questione è anche un po’ irascibile di natura, se alla sera gli diamo solo proteine, il suo sistema adrenergico sale alle stelle, si girerà e rigirerà nel letto finchè non si alzerà per svuotare il frigorifero o nella migliore delle ipotesi per mangiare un po’ di carboidrati e lasciarsi così invadere dal “dolce” rilassamento serotoninico.

Quindi in questo caso è meglio il contrario del solito:  proteine al mattino, tanto non ci sono rischi di crisi ipoglicemiche, abbiamo il cortisolo che la tiene su e carboidrati alla sera quando il cortisolo è giù e non c’è rischio di una eccessiva stimolazione insulinica.

Sportman & Fitness – giugno 1996

Dottor Massimo Spattini